sabato 16 settembre 2017

KENYA 2017 GLI INCONTRI CHE CERCAVI

Ogni viaggio piccolo, grande, vicino o lontano si fa per un motivo che forse, a volte, non conosciamo del tutto e diventa una scoperta mano a mano che lo realizzi.
Questo è stato il mio viaggio in Kenya, in realtà quasi un pellegrinaggio interiore e non solo.
Ovviamente il Kenya è natura, è safari, è tramonti e sorrisi inebrianti ma il Kenya per me era, dalla notte dei tempi, un posto meraviglioso nella sua semplice essenzialità; il Kenya era per me prima di tutto Hope Streams Accademy e i suoi bambini.
Arrivo a Nairobi proprio pochi giorni dopo le elezioni ma il clima che si respira non è per nulla problematico, nulla ti fa sentire in pericolo.
Atterrata a Nairobi incontro la nostra guida, il nostro angelo custode che senza passare dal via (l’albergo) guida fino a che , ad un certo punto, non abbandona la strada asfaltata per entrare in uno slum (villaggio) coloratissimo con tanta gente in giro ma pochi bambini per strada. ”Vi stanno aspettando, sono tutti a scuola ad aspettare il vostro arrivo”.
Io sento salire l’emozione di fare questa esperienza e di farla insieme ai miei figli; non sono del tutto nuove queste realtà per me e con la mente torno ai campi di lavoro in Albania, e non solo lì, di quando ero una ragazzina. Ma adesso sto realizzando un piccolo grande sogno anche con i miei figli e finalmente dopo tante buche e lo stomaco in subbuglio scendiamo dalla jeep e tanti bambini eccitati ci vengono incontro.
Ci presentiamo, si presentano ed è subito sintonia.
Ballano per noi, ci invitano a ballare con loro, ci mostrano le loro aule, ci dicono i numeri in swahili e in inglese e poi gli animali e poi tante altre di quelle cose che tutti i bambini imparano, che tutti i bambini hanno il diritto di imparare a scuola.
Parliamo con le insegnanti, loro chiedono ai miei figli di come sia strutturata la scuola che frequentano e leggo nei loro occhi un grande desiderio di sapere e, sono certa, la voglia che la scuola potesse essere così anche da loro.
I più grandi fanno capannello attorno ai miei figli, ubriachi di tante domande e ubriachi di tanta diversità; vedo i miei ragazzi osservare e provare a vivere questa nuova dimensione e in parte ci sono riusciti seppur con un timido ,naturale, imbarazzo di essere circondati da tutti questi sorrisi che sembrano stampati.
Sorridono sempre questi bambini, sorridono le insegnanti e sorride Patrick.
Patrick è l’uomo che ha iniziato con una classe di 13 alunni e adesso ne conta 220. Alcuni di questi ragazzi hanno completato gli studi fino a frequentare l’università.
Patrick ha realizzato questo progetto e continua a farlo per aiutare i bambini a non essere vittime della violenza e della disperazione che la mancanza di cultura porta con sé inevitabilmente.
Ma io non mi sento di dire che ho visto bambini e insegnanti in situazioni di disagio.
Nel loro modo di vivere c’è un equilibrio difficile da comprendere velocemente, va macinato dentro, accettato e paradossalmente condiviso.
La scuola di cui vi parlo non è governativa e non è gratuita perché queste ultime sono costruite lontane dai villaggi, troppo lontane perché questi bambini possano raggiungerle a piedi.
La scuola voluta e creata passo dopo passo da Patrick, la Hope Streams Accademy, ospita bambini da 3 anni in su fino alle scuole superiori con uno staff ridottissimo e che a rotazione porta avanti questo progetto.
Ma io lo ripeto: non mi sento di dire che ho visto bambini e insegnanti in situazioni di disagio.
Le chiacchiere entusiaste tra me Patrick si interrompono quando un fermento generale si insinua in quest’aria frizzantina: è autunno in Kenya ed è arrivato il momento della merenda: tutti in fila per un bicchiere di succo d’arancia, una banana e tre biscotti senza eccezioni e senza differenza tra grandi e piccini.
PERO’, c’è un però: questi bambini e ragazzi sono intelligenti, educati, brillanti ma i genitori non possono permettersi di acquistare libri e uniformi, non possono neanche permettersi di pagare per loro il cibo giornaliero a scuola.
PERO’:questa scuola è diversa, neanche lontanamente immaginabile: i banchi sono di legno un po’ marcio e la porta è una lamiera.
Come ottengono la merenda e il pasto giornaliero e i libri e la giacchetta sulle spalle?
Grazie alle donazioni di gente comune come noi o anche di grandi associazioni che per caso o per grazia divina hanno messo piede in questo villaggio e hanno conosciuto Patrick.
E allora , per favore, se potete leggete il link che vi lascio qui sotto e con una donazione non eccessiva vi sentirete parte del futuro di uno di questi bimbi e la donazione andrà in mani sicure e forti: quelle di Patrick che gestisce tutto questo con trasparenza e umiltà
Ecco, a volte i viaggi si fanno per mettere in prospettiva la propria vita e magari anche quella di qualcun altro.
A volte lo sai da subito, a volte lo capisci dopo, a volte lo capisci mentre sai che stai vivendo qualcosa di straordinario e a volte quando il tuo sguardo incontra quello di un bimbo come Kamara, che è nel nostro cuore dalla notte dei tempi.
Alla prossima settimana pronti per il safari!
xxxValeGirovaga

Nessun commento:

Posta un commento